Patrizia Dossena

Mi chiamo Patrizia e la mia relazione con la mia disabilità è che io la ritengo un compagno di viaggio. Ad un certo punto uno di noi due divergerà per grazia di Dio e sarà inevitabilmente sconfitto…. e quella non sono io.

Sono sempre stata una ragazza forte. Ho lavorato tanto fin dall’età di 16 anni; lavoravo in fabbrica con tanti
tanti straordinari, sottopagata, sfruttata, ma ringrazio Dio perché avevo tanta salute. Aiutavo i miei genitori
pulendo uffici alla sera dopo il lavoro, al sabato e domenica facevo le pulizie in casa e al sabato sera servizio di baby-sitter per una cugina.

Poi mi sposai all’età di 22 anni. Dopo 3 mesi decidemmo di avere un figlio, così rimasi incinta e partorii una
bella bambina. Fin qui tutto benissimo. La mia famiglia non era credente, ma avevamo una sorta di coscienza cattolica dove pensavamo che se facevamo bene ottenevamo del bene…

Purtroppo nel 1992, quando la mia Vanessa aveva solo 3 anni, mio padre morì. Io caddi in depressione e persi 15 kg… dovevo vestirmi nel reparto ragazza, il mio matrimonio stava naufragando, ma avevo la salute e potevo dominare ancora gli eventi.

Dopo un lungo periodo di stasi, piano piano il lutto si attutì. Io iniziavo a cercare la presenza del Signore e
sentivo continui richiami da Lui. Per ristabilire il matrimonio decidemmo di fare un altro bambino e qui
iniziarono i primi problemi… Li perdevo, il mio corpo considerava la vita un corpo estraneo e lo espelleva. Ne persi 3 e iniziai ancora a piangere e a sentirmi stanca di tutto, poi avvenne il miracolo…

Il 30/5/1995 conobbi Gesù, nuove forze mi avvolsero, nuova gioia, una vita completamente ristabilita. Persi un altro bambino, questa volta però fu un po’ più grave perché abortii a 6 mesi.

Ma il Signore mi diede forza, tanta tanta forza. Non caddi in depressione come le altre volte e anzi mi
arrivavano continui messaggi di incoraggiamento e di conforto proprio da Dio stesso.

Dopo un anno riprovammo e con grande pace e preghiere nacque Laura, che ora ha 18 anni.

Non ero ancora disabile, ma il mio corpo ( all’epoca avevo solo 34 anni ) accusava qualche problema,
comunque lavoravo tanto tanto in casa e fuori (ero ausiliaria all’ospedale).

Nel 2005 fu l’anno di svolta. Uscì un concorso per fare un corso approfondito per diventare OSS (operatore
socio sanitario). Era un’era di grande cambiamento per la mia azienda e tutti ci spingevano a misurarci con
una nuova professione, più remunerata sia a livello contabile che professionale, così mi iscrissi.

La pesantezza di tutta la situazione si fece sentire verso la fine del corso, facevamo 8 ore di studio e 8 ore di lavoro alternate ed era seriamente pesante, ma ebbi la forza e la soddisfazione di diplomarmi a pieni voti.

Non feci i conti con le mie VERE forze; ora avevo 40 anni e iniziai ad avere forti dolori agli arti, ma continuavo a lavorare, turni su turni, a volte saltando il riposo. Non avevo più la domenica da dedicare a Dio e mi sentivo troppo stanca per fare qualsiasi cosa: il fatto poi di essere in ogni istante di fronte alla malattia, e vedere come si comportavano i colleghi, mi rendeva di una tristezza mortale. Mi staccai con la volontà e per sopravvivere da ogni relazione umana e inizia a pregare per ogni persona che toccavo o che stava per morire perché questo mi dava forza e, in mezzo a tanta sofferenza, mi faceva sentire utile.

Una mattina però il mio grido silenzioso uscì, letteralmente esplose… Sentii una forte scossa partirmi dai piedi e questa scossa saliva e piano piano mi obbligò prima a sedermi poi a sdraiarmi. Lavoravo sempre sotto l’effetto di antinfiammatori, pensavo di averne abusato.

Il medico che mi visitò non poté che riscontrare una paralisi alle gambe.

Non sentivo più nulla, mi sembrava di essere una donna senza una parte di sé. Mi accompagnarono a casa e lì iniziò un calvario: io non accettavo di essere accudita, volevo camminare. Vidi tanti specialisti, ricevetti
tante tante preghiere, poi approdai da un neurochirurgo che, con un’iniezione lombare, mi fece per lo meno camminare.

Nessuno era in grado di farmi una diagnosi: blocco completo dei muscoli piriformi, sciatalgia bilaterale con nervi compromessi e muscoli iperflaccidi, erano tutte parolone che mi lasciavano così senza
parole… Io… così attiva, ma perché? Non capivo i piani di Dio, né la mia sorte.

Piano, molto molto piano, tornai a muovere le gambe e, sempre con dolori tremendi, cercavo di vivere una vita normale. Un medico, che successivamente purtroppo morì, mi visitò e per la prima volta nella mia vita sentii parlare di FIBROMIALGIA.

Mi diede un libro da leggere. Era agli inizi, la stavano studiando perché ne rilevavano svariati casi. La mia
forma era altamente invalidante e legata allo stress, ma solo ora lo so, allora non sapevo che di stress si può anche morire.
Logicamente non credevo a ciò che mi disse. Cominciai un iter da un medico all’altro ma tutti mi facevano la stessa diagnosi.

Allora la rifiutai, contro il parere di tutti i medici, io non la volevo.

I miei datori di lavoro Iniziarono a mandarmi da psichiatri e psicologi, i quali mi ritenevano sana di mente;
sapevano che convivere col dolore non è facile, che ogni lamento era riferito solo alla situazione legata a
questa sindrome, che io non volevo e non voglio mi appartenga.

Il Signore in quel periodo mi parlò chiaro: “Se tu non la domini, lei ti dominerà. Tu puoi dominarla”. Risposi:
“Sì, lo voglio”.

Così da allora, con infiniti buchi neri che mi invadono a volte, continuo la corsa per raggiungere il premio!

La FIBROMIALGIA non è ancora riconosciuta come malattia invalidante. Tante persone si battono affinché
possa essere riconosciuta come patologia. Per tanta tanta gente la vita è finita con lei, tante persone che ho conosciuto, sono così doloranti da non riuscire ad alzarsi dal letto al mattino, l’umore con il dolore peggiora e porta gravi depressioni che limitano il vivere una vita normale.

Io però sono felice! Questa forma ha una vita propria in me, ma io sono guarita nel profondo.

Resto una persona fragile che a volte i dolori pensano di vincere, ma ho questa grande libertà di vedere l’azzurro del cielo, di cogliere i fiori e coltivarli, di aiutare persone che nessuno capisce come fossero carne della mia carne.

Ringrazio Dio che mi ha permesso di avere questa forma e di esserne guarita, perché io mi sento libera e
guarita. Il Signore mi da la forza del bufalo e, se anche umanamente non sono più quella di un tempo, ne
convengo che riesco a fare ancora tanto tanto tanto e questa per me è la grazia infinita di Dio e il Suo perfetto amore ad avvolgermi e a permettermi di lavorare e mantenere ancora me e la mia casa.

TUTTA LA GLORIA AL SIGNORE!